Incomplete patterns #2


"Nel caso di Prato, i limiti spaziali che la legge pone al piano di ricostruzione sono vanificati dalla rapidità e dall'intensità della ricostruzione stessa, che ben presto assume il volto dell'espansione urbana. Anche le frazioni si trovano in una situazione contraddittoria: considerate tradizionalmente "campagna", si trovano tuttavia investite - almeno le più vicine al centro - da un processo di crescita edilizia e di trasformazione funzionale che le salda con la città."

"Il processo di decisione imprenditoriale, a Prato, ha sempre avuto precise implicazioni territoriali e ha presupposto peculiari scelte spazio-temporali: l'industria pratese ha origine, nella gran parte dei casi, dallo stanzone accanto alla casa che poi viene ampliato con l'espandersi dell'attività di produzione, fino ad esaurire tutta l'area disponibile, dopodiché ogni successivo ampliamento passa attraverso l'installazione di una unità locale distaccata del nucleo originario, più o meno vicino ad esso. Questo modulo di occupazione "mista" del suolo, tradizionale a Prato, tende a riprodursi anche durante tutto il periodo della ricostruzione, con l'aggiunta che la crescita dell'industria è più intensa della crescita demografica."

"La città esterna è caratterizzata dall'invasione delle zone verdi con case di abitazione e stanzoni per uso industriale, da un crescita edilizia in stretta aderenza con il centro, mentre permane una scollatura concettuale fra la città e il territorio comunale ed una conseguente esclusione delle frazioni nella considerazione dei problemi di assetto urbano.

L'anacronismo di questa immagine urbana - non solo rispetto alle concezioni urbanistiche moderne, ormai affermate, ma anche rispetto alla fattualità della ricostruzione - diventerà subito evidente quando Prato sarà esclusa dell'elenco dei Comuni aventi diritto a redigere il piano di ricostruzione: l'incarico a Baroni verrà ribadito da parte della maggioranza, con l'intento di evitare ulteriori perdite di tempo, assicurando che "il piano di ricostruzione può essere considerato un vero e proprio piano regolatore". In seguito, il tempo per l'approvazione di rivelerà lunghissimo, anzi, il piano Baroni non verrà mai approvato dalle Autorità tutorie, proprio perché non soddisfa ai criteri della legge del 1942 per i piani regolatori."

"La ricostruzione avviene velocemente, presto diventa espansione urbana, grazie soprattutto allo strumento dell'apertura di strade private, previsto dal regolamento del 1929, che impone solamente una sezione viaria minima, un allacciamento fognario, un innesto sulla viabilità pubblica limitato e chiuso da un muro o da un cancello, finché la strada non sia completata a norma di regolamento.

Un regolamento che non esprimeva esigenza di limitazione o controllo di tale strumento, ma solo un intento conoscitivo. E, nel secondo dopoguerra, della lottizzazione per strade private si fa un uso larghissimo: non, dunque, abusivismo da parte di privati, né espropriazione e urbanizzazione pubblica, ma lottizzazione privata da parte di proprietari fondiari, attraverso progetti da approvare in consiglio. E il Consiglio, di solito, approva." 

"Ma Prato non perde la propria identità per quanto attiene l'organizzazione dello spazio e l'immagine che ne deriva: si espande in questo periodo mantenendo la forma urbana derivante dall'occupazione mista residenziale-produttiva del suolo, secondo il modello tradizionale, condiviso anche dai nuovi pratesi. I telaisti per conto terzi, che tendono ad aumentare durante la seconda metà degli anni Quaranta e negli anni Cinquanta, sono presenti da sempre in Prato come artigiani tessitori e durante la ricostruzione vengono complessivamente proiettati verso la città esterna e le frazioni e questo processo si accentuerà, fino ad investire propriamente la campagna, durante il periodo della disintegrazione aziendale. Quando il piano regolatore verrà ad escludere dalle zone semindustriali dei quartieri esterni le piccole e medie industrie "nocive per rumore", saranno i tessitori per conto terzi ad insorgere (e verranno ascoltati), in qualità di "categoria di lavoratori vittime della crisi tessile".

Il dibattito urbanistico e la prassi che lo affianca, durante la seconda metà degli anni Quaranta e tutti gli anni Cinquanta, difenderanno, salvaguarderanno, perpetueranno in modo persino incomprensibile (e condannato) da parte degli osservatori esterni un comportamento spazio-temporale peculiare, dove l'organizzazione della vita resta scandita da un "tempo policronico", connesso ad un'utilizzazione "mista" dello spazio. Su più ampia scala, fra Prato e la campagna circostante e fra questa e la campagna collinare, più lontana, si crea un processo intenso di comunicazione e compenetrazione che creerà ben presto una regione pratese, definita dall'industria tessile - fabbriche e telai - e da una mobilità crescente di merci e persone, in relazione con le esigenze della fabbrica decentrata e con la progressiva deruralizzazione della famiglie di immigrati. Si tratta di una regione poco estesa, stretta com'è fra l'area d'influenza fiorentina e quella pistoiese, e tuttavia fornita da un'individualità e di una coesione fondata sulla sostanziale omogeneità economico-culturale e su forti relazioni funzionali che, oltre l'antico "territorio" di Prato, legano al centro maggiore tutta la Val di Bisenzio e buona parte della conca di Firenze-Prato-Pistoia." 

Estratti da "Prato, storia di una città: Il distretto industriale (1943-1993)" - a cura di Giacomo Becattini


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4 luglio 2014


22 maggio 2014